Una sera, in una pizzeria di Milano, eravamo seduti in cinque a un tavolo.
Oltre a me c’erano Arianna, Loretta e Luigi; amici che frequentano i corsi da me tenuti da circa un anno e mezzo. In più, con noi, sedeva una conoscente, Roberta, che sapeva dei corsi e sapeva che le persone presenti li frequentavano.
Ad un certo punto, dopo aver ordinato da mangiare e chiacchierato del più e del meno, Roberta pose una domanda, indirizzata ai presenti, esprimendosi più o meno così: «Premetto che, dal mio punto di vista, percorrere un sentiero di ricerca spirituale non richiede un maestro e che ogni cosa o essere vivente possono insegnarci qualcosa, perfino un fiore, un tramonto o anche un bambino. Voi seguite i corsi di Francesco, perché lo ritenete un maestro?».
Dopo qualche momento d’incertezza, Luigi, un uomo di esperienza che ha ricercato tanto nella vita e che tutt’ora frequenta un gruppo di buddisti, sorridendo gli rispose: «Ma, Francesco non ha mai detto di essere un maestro; anzi, più volte ci ha detto di non esserlo. Ci ha offerto la sua amicizia e come amico ci accompagna in un percorso che trovo affascinante. Pensa che dopo tanti anni di esperienza nel buddismo, non solo la mia pratica ha guadagnato in intensità ed energia, ma ho cominciato a comprendere alcuni aspetti del buddismo stesso che non mi erano del tutto chiari. E’ come se avessi messo del contenuto reale all’interno di concetti che prima forse capivo solo a livello intellettuale».
Arianna prese la parola e disse: «Si, Luigi ha ragione, aggiungo che per me è stato come ritrovare un vecchio amico, con cui posso parlare di tutto e confrontarmi sentendomi a mio agio e libera nell’esprimermi».
Roberta a quel punto intervenne di nuovo: «Comunque lui vi sta insegnando qualcosa e questo fatto dell’amicizia potrebbe essere solo una messa in scena, mentre in realtà lui appaga solo il suo ego, sentendosi superiore a voi».
Dopo un attimo di silenzio, mi sentii autorizzato ad intervenire dicendole: «Roberta, noi non ci conosciamo; premesso che bisognerebbe approfondire il significato della parola “maestro” e tante altre considerazioni che ne deriverebbero e che potremo farlo se lo desideri e in un altro momento, posso solo a provare a spiegarti, con la maggior sincerità possibile, come vivo questa esperienza di insegnamento, come tu l’hai chiamata.
«Personalmente mi sento un tramite, cioè una persona che ha avuto la possibilità, molti anni fa, di venire a contatto con un insegnamento che non è facile trovare, anche se è nella disponibilità di tutti, e grazie a questo insegnamento e al contatto diretto con chi, questo insegnamento lo ha veramente realizzato, ho ricevuto moltissimo in termini di conoscenza e di esempio nella vita e tutt’ora sto ricevendo tanto e credo che non finirò mai di imparare. Semplicemente, tutto quello che ho ricevuto non posso non cercare di condividerlo con chiunque voglia riceverlo.
«Mi sento un tramite, non perché ripeto a vanvera quello che ho ricevuto, ma perché di mio in questo insegnamento non v’è nulla, se non la mia esperienza nel cercare di viverlo. Fino a che questo fatto mi è chiaro posso tenere a bada l’ego, proprio perché sono consapevole di essere solo uno strumento di trasmissione; o meglio, un rice-trasmettitore. Se da una radio esce una bella canzone, ovviamente il merito è dell’artista che l’ha creata e non certo della radio che la trasmette».
Sorridendo, Loretta aggiunse: «Vedi Roberta, è da tanti anni che mi interesso di argomenti spirituali e di ricerca interiore; ho letto tanto, frequentato conferenze e insegnanti di vario genere. Diciamo che ho una certa esperienza. La cosa che ho sentito fin dal primo momento, negli incontri dedicati al corso, è stata una sensazione che posso descrivere solo così: mi sento a casa e appena sentirò di farlo, mi muoverò per conoscere anche la fonte da cui attinge Francesco».
Dopo qualche attimo di silenzio e riflessione cominciai a scherzare con Luigi e iniziammo a parlarci in modo molto serio (in apparenza) e concitato, con un piccolo particolare: la lingua che usavamo era del tutto inventata sul momento (Luigi è un attore di teatro e non avevamo mai fatto nulla del genere e certo non era qualcosa di preparato). Si scatenò così una serie di risate difficili da contenere.
Solo Roberta rideva poco e ci guardava con due occhi spalancati e con qualche imbarazzo.
Si era venuta a creare una situazione davvero buffa, che però permetteva di far percepire quel senso di familiarità e vicinanza, che solo dei vecchi amici riescono talvolta a creare.
Dopo qualche minuto ci siamo calmati e mentre asciugavamo le lacrime causate dal riso, qualcuno confessò che da anni non rideva in quel modo, al punto che gli facevano persino male gli addominali.
In quel momento dentro di me accadde qualcosa. Sentii risuonare all’interno, in modo autorevole, queste parole: “Per superare e risolvere l’ego si deve realizzare e rendere concreto anche nella comprensione mentale, questo principio – NON ESISTE NULLA DA PERDERE E NON ESISTE NULLA DA GUADAGNARE.
Non potei far altro che comunicarlo ai presenti in modo molto serio. Rimanemmo tutti in silenzio.
A distanza di tempo, ripensandoci, la cosa che mi ha colpito di più non sono state tanto le parole, ma quello che ho provato. E’ difficile descriverlo, posso solo dare un’immagine: qualcosa si è acceso dentro me.
Non posso che ringraziare Roberta con le sue domande provocatorie e i miei amici, perché quello che è accaduto al mio interno, in qualche modo, è stato provocato anche da loro.
Quella serata non la dimenticherò mai.
P.S. Per riservatezza, i nomi sono inventati; i fatti e le persone sono reali.
di Francesco Diella