“A volte si vince, a volte si impara”. Questo mi ha scritto un caro amico qualche tempo fa, riferendosi a una trattativa di lavoro andata male
Frase molto saggia. La società in cui viviamo, invece, ci insegna che quello che conta è vincere, spesso a tutti i costi, con ogni strumento disponibile. La sconfitta non è contemplata e questo implica il fatto che la paura di perdere e di fallire condiziona pesantemente il nostro agire.
Perché esiste questa paura? Da cosa deriva? Sicuramente l’educazione gioca un ruolo fondamentale, perché sin da bambini siamo condizionati al concetto di premio-punizione. Se fai il bravo, se vinci, ricevi un premio; se non fai il bravo, se sbagli, se perdi, sei punito e, punizione, significa quasi sempre esclusione da un gruppo, derisione e non accettazione. Si cerca quindi di attenersi a quello che è richiesto in famiglia e a scuola, in modo da essere accettati, premiati e amati.
Questo tipo di educazione ci condiziona pesantemente ed è una situazione difficile da sostenere. Essere sempre all’altezza comporta stress e difficoltà. La spinta a vincere, a essere migliori, a non commettere errori, ci porta a cercare la perfezione – meta veramente illusoria – poiché l’imperfezione è connaturata nell’essere umano. Non possiamo evitare errori, pur con tutto l’impegno, e quindi viviamo quasi sempre accompagnati da un senso d’impotenza e incapacità, perché gli standard richiesti sono spesso molto alti, specialmente in questa società, dove tutto è costantemente in cambiamento e l’aggressività è in crescita. Chi non sta al passo, automaticamente è… fuori.
Dovremmo rivedere lo schema educativo che ci vuole forti e vincenti, secondo una regola prestabilita da chissà chi e chissà quando; una regola che non tiene conto di una serie di variabili squisitamente umane. Non siamo robot e non possiamo essere sempre all’altezza delle aspettative; la vita stessa è imprevedibile e non è sempre facile adattarsi. Certo, talvolta capita perfino di trovarsi al di sopra delle aspettative altrui, ma considerata la tendenza imperante alla critica e alla non considerazione degli sforzi altrui, si tratta di eccezioni.
Ogni vita è una successione di esperienze, tutte importanti per la nostra crescita personale, sia quelle positive, sia quelle cosiddette negative. Dovremmo capovolgere la sensazione di errore, di perdita e fallimento, per considerare ogni avvenimento un tassello della vita, da cui imparare per evolverci.
Nel mondo del lavoro non raggiungere un obiettivo prefissato è considerato “un fallimento”. La sensazione di aver fallito e non aver concluso un contratto, o aver visto sfumare congrui guadagni, o di aver perso la fiducia dei soci, può condurre a uno stato di profonda destabilizzazione emotiva, con rabbia e tristezza, per non essere stati all’altezza della situazione.
E’ normale attraversare questo tsunami di emozioni negative, ma la nostra vita non finisce dopo quello specifico evento e ci offre nuove possibilità di riprovarci, con una diversa consapevolezza e più esperienza, che ci consentiranno di metterci nuovamente alla prova.
Negli Stati Uniti, qualunque imprenditore di successo che sia partito da zero (i così detti “self made men”), annovera nel suo curriculum almeno un fallimento di media o grande entità. Questo è considerato normale; anzi, negli States è quasi esibito come un trofeo di cui vantarsi. Nel nostro paese tutto ciò è meno accettato e il fallimento è visto spesso come una macchia e non per quello che è: una semplice esperienza di vita.
Si dice che s’impara maggiormente da una sconfitta cha da una vittoria ed è proprio così, perché solo se perdi sei costretto ad analizzare le cause della sconfitta, a metterti in discussione e usare tutta la tua intelligenza per cambiare le strategie d’azione e renderle più efficaci nel futuro.
L’ideale sarebbe “cadere” e cercare di rialzarsi subito, senza piangersi addosso, pronti a una nuova sfida. Ogni giorno è nuovo e porta con sé infinite e inaspettate possibilità. Non arrendiamoci… mai!
Chi ha detto che quello che non sono riuscito a fare ieri, non posso farlo oggi? E soprattutto, dovremmo capire che non siamo tutti uguali, ognuno di noi ha caratteristiche, attitudini e capacità diverse; dobbiamo quindi accettare il fatto che in alcuni campi siamo mediocri, mentre in altri possiamo eccellere (e che tutto si può imparare).
A volte vinceremo e altre volte perderemo o… impareremo. Questo dipende solo da noi. Vincere è bello, fa sentire sicuri e forti, ma gli effetti collaterali sono spesso arroganza e presunzione. L’arroganza rende ciechi alle difficoltà degli altri e la presunzione ci impedisce di imparare. Se non apprendiamo non cresciamo e se non cresciamo non miglioriamo.
Se non miglioriamo noi stessi, non possiamo neppure contribuire a migliorare l’ambiente in cui viviamo e allora… perdiamo tutti.
di Gabriele Masserini