Nella vita sociale di questa epoca è quasi totalmente scomparso il concetto di realtà. Da un certo punto di vista forse non è mai esistito nemmeno in passato. La realtà è quasi sempre un fenomeno di percezione soggettiva. Una volta, però, quello che accadeva in un paese era risaputo ed evidente a tutti.
E oggi?
Beh… oggi la “realtà” si evince dai media, da Facebook, dalla radio, da YouTube e dai giornali. Realtà? Personalmente ritengo che le cosiddette fake news siano molto meno fuorvianti della comunicazione ordinaria, quotidiana e martellante, dei media più importanti (non che questi siano esenti da fake).
Infatti, almeno per chi è minimamente attento, una fake è relativamente più facile da riconoscere e certamente è più semplice smascherarla con un’accurata ricerca in rete.
Quando invece siamo martellati continuamente da mezze verità, o da verità presentate in maniera ingannevole, diventa molto difficile riuscire a discernere il vero dal falso. Se poi il clima in cui si vive è immerso nella paura – oggi più che mai presente – il gioco è fatto. Non importa a questo punto se la paura sia giustificata o ingiustificata.
Nel 1938 Orson Welles trasmise in diretta radiofonica l’annuncio di un’invasione aliena in corso e questo generò il terrore fra tutti gli ascoltatori (si trattò della riproduzione radiofonica di un racconto del 1897, “La guerra dei mondi”). Una bufala di portata cosmica e teatralmente da premio oscar; eppure… produsse un effetto bomba! Una fake news colossale, ma non importa se la paura è generata da qualcosa di vero, di parzialmente vero, o di totalmente falso. Quando questa emozione si insinua nel cuore delle persone (anzi, nel loro stomaco), tutto diventa possibile.
Cosa è reale?
Quello che ascoltiamo in televisione o alla radio? Anche. Forse e… certamente non sempre. Quello che troviamo in rete o su YouTube? Talvolta sì e talvolta no. Non esiste più il paesello in cui corre da voce in voce ciò che è accaduto un’ora prima. Questo mondo è scomparso anche nei piccoli centri. Oggi abbiamo un grande, immenso e colorato spettacolo, che chiamiamo informazione. A questo proposito, è stato straordinario e assolutamente esemplificativo il capolavoro di Sidney Lumet dal titolo “Quinto potere” (1975). Ne consiglio la visione.
Beh… non è che la capacità di scorgere la realtà, anche quando ci si para dinanzi, sia poi la caratteristica più preminente nell’essere umano. Ogni persona, ognuno di noi, vede solo un piccolo spicchio del mondo che lo circonda. Sarebbe saggio non pretendere di colorare tutto ciò che esiste con i colori percepiti attraverso quella minuscola fessura.
Guardare oltre.
Guardare più lontano.
Questo ci garantisce di cogliere la realtà? Probabilmente no e quantomeno non al cento per cento; ma, almeno, può renderci più lungimiranti e meno rapidi nel trarre conclusioni. Forse, perfino meno paurosi della vita in genere.
A questo proposito riporto con piacere le parole contenute in un post di Antonella Spotti. Un invito a guardare oltre, in senso metaforico ma anche come tecnica da provare. Perché quello che percepiamo attraverso i sensi, come le parole, influenza la nostra mente.
Guardare l’orizzonte
Se proviamo a prestare attenzione camminando per strada, ci accorgiamo di guardare quasi sempre a pochi metri davanti a noi.
Difficilmente guardiamo lontano, difficilmente guardiamo la linea dell’orizzonte, come facciamo in modo naturale quando siamo in spiaggia in riva al mare.
Quando siamo dinnanzi ad un paesaggio bellissimo ci viene il desiderio di guardare lontano per abbracciare la sua vastità, ma quando siamo nel nostro mondo “quotidiano” per lo più guardiamo distrattamente e spesso con lo sguardo verso il basso.
Se siamo seduti in un bar non sapremmo, chiudendo gli occhi, descrivere esattamente cosa c’è sul tavolino, e spesso non siamo attenti neppure alla persona seduta davanti a noi, neppure se è il nostro interlocutore. Rarissimo allargare la visione e guardare a 10 tavoli distanti o a cosa accade ancora più lontano, ma comunque alla portata dei nostri sensi. Deve accadere qualcosa di improvviso, di inaspettato, che richiami la nostra attenzione.
Allora sì…in genere ci “svegliamo”.
Mai sentito la frase: “cercare di guardare al di là del proprio naso”?
Saggio consiglio.
Tendiamo invece a restringere il nostro campo visivo e percettivo, causando una chiusura progressiva che aumenta con l’andare del tempo e con le esperienze difficili e negative che la vita ci propina.
Ci chiudiamo, un po’ perché non vogliamo guardare, un po’ perché perdiamo interesse, un po’ perché abbiamo paura di guardare. Guardare vicino, riduce la quantità di contatti e informazioni che potrebbero destabilizzare. Preferiamo alla grande permanere nella comfort zone, con punti di riferimento conosciuti, facilmente raggiungibili, sostenuti dalle nostre sicurezze (molti sanno che sono false ma siamo così “bisognosi” che se anche crollano… le ricostruiamo).
Restare nella comfort zone significa: meno raggio di informazioni, meno raggio di contatti, meno rischio di imprevisti, meno rottura di scatole, quindi più probabilità di stare in pace.
Ma questo ha un costo: perdere il contatto con altro e con altri ci porta a vivere in una torre d’avorio all’interno della quale prima o poi viene a mancare l’aria.
Dobbiamo recuperare una prospettiva più ampia della vita. Rialzare il capo e guardare verso l’orizzonte, ricordando prima di tutto che esiste un orizzonte.
Per poter vedere l’orizzonte il capo e gli occhi devono essere al giusto allineamento. Quindi iniziate con il curare la vostra postura, come se cercaste un orizzonte anche se siete davanti al muro di una stanza. L’orizzonte è nella vostra mente.
Poi imparate ad osservare con attenzione sia vicino che lontano, assimilate dati, createvi delle opinioni elastiche , siate disponibili al cambiamento.
La vita è cambiamento. La morte è fissità.
Recuperando psichicamente l’orizzonte recuperiamo lungimiranza e intuizione, recuperiamo il desiderio di comprendere la complessa realtà che ci circonda, perché possiamo essere impauriti della vita, ma la vita ha anche un grande fascino. Perché rinunciarci?
Open your mind: espandendo il nostro sguardo e il nostro sentire, educhiamo la mente a mantenersi più elastica, capace di grande concentrazione sul dettaglio, ma anche di aprirsi con intelligenza a nuovi orizzonti.
Quello che pensiamo oggi non è detto che lo penseremo anche domani, dipende dalle nostre esperienze e dai nostri incontri. Si dice che un incontro può cambiare la vita (speriamo in meglio) ed è vero!
E se anche dovessimo attraversare un momento difficile, mantenersi aperti ci condurrà fuori dal tunnel.
A meno che non si decida di arredarlo…il tunnel.
La vita terrena è una successione di esperienze, viviamola intensamente, senza aver paura di soffrire.
La sofferenza nasce sempre da una mancanza di visione. Attraversiamo un momento difficile e ci convinciamo che la nostra vita è tutta una sofferenza.
Invece se vedessimo l’orizzonte “della nostra vita” vedremmo che c’è una causa nel passato che ci ha portato a soffrire nel presente, ma il futuro non è scritto, non esiste un destino prefissato.
Dipende solo da noi e dalle nostre scelte
Quella sofferenza ci sta insegnando qualcosa… siamo disposti ad imparare?
Facciamo l’esempio di una malattia: una persona si scopre malata, ma questa malattia non è nata da un giorno all’altro e ha avuto un tempo per svilupparsi, quindi analizzando il passato troveremo una serie di segnali, di sintomi che sono rimasti inascoltati, e che se fossero stati affrontati avrebbero probabilmente evitato la malattia.
Ora che la malattia è in corso cosa bisogna fare? come intervenire?
Sicuramente bisogna smettere di ignorare, e di ignorarsi.
Ogni sofferenza che sperimentiamo, specialmente una cosa coinvolgente come una malattia, ci indica che non abbiamo avuto la capacità di guardare bene l’orizzonte, fuori e dentro di noi.
Abbiamo perso di vista le nostre necessità, le nostre reali possibilità. Forse non abbiamo fatto abbastanza, forse abbiamo chiesto troppo a noi stessi.
Dobbiamo sviluppare la capacità di guardare lontano, alzando il capo, pur restando radicati al punto esatto in cui ci troviamo.
Senza ipocrisia, con sincerità. Lo dobbiamo prima di tutto a noi stessi.
Il tempo che stiamo vivendo è un tempo di crisi, e più restringiamo lo sguardo per paura, più ci isoliamo, più guardiamo gli altri come nemici, più perdiamo di vista l’orizzonte del reale, il senso della vita e della morte.
“Nulla è come appare”.
Questa frase, che talvolta è ripetuta da qualche saggio, ci ricorda il concetto di illusione tanto caro al mondo della filosofia orientale – Maya – ma anche tanto caro alla filosofia occidentale – il mito della caverna di Platone.
Non chiniamo mai la testa, qualsiasi siano le immagini che vediamo; manteniamo aperti mente e cuore e confidiamo nel nostro buon senso e nella capacità di stanare gli inganni e i paradossi che ci circondano.
Spesso non guardiamo l’orizzonte per guardare dove mettiamo i piedi, per paura di pestare qualcosa di sgradevole.
Ma se noi in realtà camminassimo già su qualcosa di sgradevole, che cosa avremmo paura di pestare?
Tanto vale alzare il capo.
L’ho letto nel momento preciso in cui ne avevo bisogno! Ho capito…… Il cuore batteva più forte… Sapevo cosa fare! Grazie
Invito anch’io alla visione di “Quinto potere” soprattutto per coloro che credono che la globalizzazione sia un fenomeno nato oggi. Ascoltate con attenzione il monologo del magnate rivolto al protagonista in sala conferenze. L’essenza del film è tutta lì in realtà. La mistificazione del reale attraverso la falsa informazione ha uno scopo ben preciso, non è fine a sé stessa. Questo mi permette di introdurre una riflessione. Siamo davvero convinti che allo stato attuale dell’evoluzione umana la realtà intesa come verità sia davvero qualcosa che convenga palesare e far emergere? All’uomo la verità non interessa a meno che questa non coincida con la sua particolare visione di convenienza. Il concetto di “cittadino” è puramente illusorio. Siamo categorizzati e classificati sulla base di status sociale professionale e fasce di reddito. Il sistema sociale è articolato in corporazioni di potere che agiscono al di sopra di ogni ordinamento che riteniamo frutto di un “patto collettivo”. La dimensione pubblica di fatto non esiste se non nella propaganda mediatica mainstrem al servizio e pagata dalla corporazione al potere. Chi si allinea e si mette a disposizione sopravvive, fa carriera e si arricchisce. Chi non si presta al gioco viene emarginato, screditato e vilipeso come un reietto. La realtà che ci viene propinata è quella che conviene al sistema di potere che assolda persone per mistificare, falsificare e disinformare. Ogni Corporazione plasma e diffonde attraverso i suoi vassalli la realtà conveniente. Siamo tutti vassalli a pagamento che mentiamo per sopravvivere, arricchirci o rimanere nel circuito di potere che dà privilegi e vantaggi. Impariamo a mentire seguendo le direttive imposte dall’alto. Siamo attori che recitano copioni scritti da altri. A forza di recitare spesso arriviamo a credere perfino alle menzogne che ci vengono commissionate. E in basso, sotto tutto questo abbiamo la massa di sfortunati che non è riuscita ad accedere al circuito di potere che crede a tutto quello che le viene somministrato. È così da sempre. Anche se conosco la verità non so che farmene se non mi conviene. La realtà non giova a nessuno. Oggi questo è il mondo reale.
Condivido in linea generale le tue osservazioni, però nell’insieme forse sono un po’ troppo pessimistiche. Nel sociale esistono molte persone, in tutto il mondo, che si battono per portare alla luce le verità che altri nascondono. E poi esiste anche un’altra verità che è più importante di quello che si vede nella vita di tutti i giorni. La conquista di questa non può essere impedita da nessuna corporazione terrena.
Certo. Quello che affermi è sicuramente vero ed io aggiungerei anche “per fortuna”. Se non fosse così sarebbe davvero tragico ma la percezione che ho io è quella di una lotta comunque estremamente impari. Si tratta di una minoranza disarmata contro un sistema radicato e potente. Sulla Verità più elevata ed importante hai perfettamente ragione, ne sono convinto anch’io ma è anche vero che l’uomo deve, prima di ogni altra cosa, riuscire a sopravvivere nell’ambiente in cui vive.