“Concentrati sul presente. Percepisci, non pensare.
Segui il tuo istinto. E che la Forza sia con te.”
Il Maestro Jedi Qui-Gon Jinn ad Anakin Skywalker,
in Star Wars, Episodio I, regia di George Lucas,1999
Lo psicologo ungherese Mihaly Csikszentmihalyi ha introdotto nella psicologia moderna i concetti di Flusso (Flow) e Esperienza Ottimale. Il suo percorso di ricerca parte dall’idea che, in accordo con Aristotele, più di qualsiasi altra cosa gli esseri umani cercano la felicità. Anche se può capitare che, apparentemente, stiano inseguendo altri obiettivi, è perché si aspettano che questi portino ad essa.
Lo studio procede con il tentativo di scoprire quando la gente si sente maggiormente felice cosicché, sapendolo, si possa estenderne l’esperienza il più possibile.
Ciò che scopre, essenzialmente, è che
[…] la felicità non è qualcosa che accade. Non è il risultato della buona fortuna o della casualità. Non è qualcosa che può essere comprato con i soldi o richiesto a comando. Non dipende da eventi esterni, ma, spesso, da come li interpretiamo. La felicità, di fatto, è una condizione alla quale ci si può preparare, che si può coltivare, e che ogni persona può difendere privatamente. Le persone che imparano a controllare l’esperienza interiore possono determinare la qualità della propria vita, il che significa che ognuno di noi può essere felice.Certamente tutti si rendono conto che nella vita esistono una quantità enorme di forze esterne che hanno un impatto notevole sul nostro stare bene o male e che molte di queste non le possiamo controllare. Ad esempio il nostro aspetto fisico e la costituzione: non possiamo decidere la nostra altezza o altre caratteristiche corporee. Così come non siamo noi a scegliere quali genitori avere, né in quale periodo storico nascere e dove, né tanto meno il fatto di sottostare alla legge di gravità e a tanti altri fattori ambientali.
Nonostante questo, ognuno di noi probabilmente ha potuto, almeno una volta nella vita, sperimentare una condizione nella quale, a prescindere dai fattori determinati esternamente, ci siamo sentiti nel pieno controllo delle nostre azioni e padroni del nostro destino.
Una condizione esilarante e profondamente gioiosa, che può rimanere impressa nella memoria abbastanza da poter diventare qualcosa da cercare e coltivare.
Un’esperienza capace di far nascere in noi la consapevolezza della possibilità di sperimentare una qualità della vita ben oltre quella a cui siamo abituati.
Questo è ciò che Csikszentmihalyi definisce Esperienza Ottimale.
Andando ben oltre la descrizione che se ne potrebbe dare fornendo dati tratti da analisi da laboratorio, questo autore offre esempi e analogie che, da sole, permettono al lettore di cogliere il “profumo” di qualcosa di conosciuto e sicuramente desiderabile:
E’ ciò che il marinaio che tiene una rotta ferma sente quando il vento soffia tra i capelli, quando la barca si lancia attraverso le onde come un puledro – vele, scafo, vento e mare intonano un’armonia che vibra nelle vene del marinaio. È ciò che il pittore sente quando i colori sulla tela cominciano a creare una tensione magnetica con tutti gli altri, e una cosa nuova, una forma vivente, prende forma di fronte al creatore stupito. O ciò che prova un padre quando il suo bambino per la prima volta risponde al suo sorriso.
Si tratta di quelle condizioni in cui la perfezione non è un rigido schema mentale da inseguire compulsivamente, ma uno stato generale e naturale, e l’eccellenza non ha a che fare con un giudizio esterno favorevole, né con il paragone rispetto ad altre performance proprie o di altre persone.
Ed è anche possibile sperimentare stati simili quando le condizioni esterne non sono del tutto favorevoli, come ad esempio è accaduto a persone in situazioni di estremo pericolo fisico, oppure, al contrario, in circostanze non particolarmente speciali nelle quali
[…] hanno sperimentato ricche e straordinarie epifanie in risposta a semplici eventi come l’udire il canto di un uccello nella foresta […]
Nei suoi studi ha cercato di comprendere in che modo si sentono le persone che sperimentano questo stato e perché. Lo ha fatto coinvolgendo alcune centinaia di esperti in qualche campo, individui che investivano il loro tempo nelle attività che amavano.
Ha coinvolto artisti, atleti, musicisti, maestri di scacchi e chirurghi, traendo dalle loro esperienze e testimonianze la teoria dell’Esperienza Ottimale, basata sul concetto di Flow (Flusso), definendolo:
[…] lo stato nel quale le persone sono così coinvolte in un’attività che nient’altro sembra importare; l’esperienza stessa è così piacevole che le persone la faranno anche a caro prezzo, per il gusto puro e semplice di farlo.
Aldilà delle differenze soggettive nello sperimentare lo Stato di Flow, nel modo in cui vi si accede, nel viverlo e nel modo in cui si rielabora l’esperienza, è stato possibile osservare alcune regolarità, alcune determinanti e specifiche caratteristiche di base comuni. La prima, per quanto apparentemente ovvia, è che si tratta di una stato della coscienza, e quindi costringe chiunque si voglia occupare del suo studio a porsi la domanda su cosa sia la coscienza e quali siano le sue funzioni e potenzialità.
Csikszentmihalyi, considerando che gli eventi che interessano la coscienza (ciò che sentiamo, vediamo, pensiamo e desideriamo), sono informazioni, la definisce come informazioni ordinate intenzionalmente (intentionally ordered information).
Ma questa definizione implica alcuni aspetti importanti da evidenziare.
Di fatto la coscienza coglie un’esperienza soggettiva della realtà, visto che tutto ciò che esiste all’esterno, esiste per chi lo percepisce soltanto nel momento in cui ne diventa consapevole.
Quindi mentre la coscienza ci rimanda quello che i sensi colgono di ciò che accade sia all’esterno che all’interno, allo stesso tempo il suo è un processo selettivo, strettamente dipendente dalla nostra esperienza, dalla somma delle percezioni, sensazioni, aspettative e ricordi che abbiamo accumulato nella nostra esistenza.
Ecco quindi che quelle informazioni ordinate intenzionalmente ci mostrano l’importanza di un elemento base: l’intenzione, la forza che mantiene le informazioni nella coscienza, l’elemento che conduce l’attenzione verso qualcosa e la toglie da qualcos’altro.
Una forza che non coincide esattamente con i bisogni o i desideri, perché questi indicano il perché l’attenzione si focalizza su un punto in particolare o una persona fa una determinata cosa, mentre l’intenzione attesta semplicemente che lo fa.
Osservando come nella storia tanti individui hanno osato pensare e muoversi oltre i modi abituali della maggior parte delle persone, ci si può rendere conto che esiste per l’essere umano la possibilità di essere libero di ordinare le informazioni che riceve, attraverso l’intenzione, in modi originali e innovativi, indirizzando la propria attenzione verso obiettivi non condizionati e, di fatto, controllando la propria personale realtà.
Questa abilità è strettamente collegata con la capacità di focalizzare l’attenzione e di mantenerla il tempo necessario per raggiungere l’obiettivo e, allo stesso tempo, in modo complementare, essere in grado di non cadere nella distrazione.
Gli individui che sono in grado di fare questo sono quindi in grado di gestire meglio la propria vita, influenzandone di più gli eventi, facendo scelte più mirate e consapevoli e riuscendo attraverso la costanza nel perseguire i propri obiettivi e sogni ad arrivare a realizzarli. Gestione dell’attenzione, quindi, intesa come energia psichica da poter indirizzare, focalizzare e mantenere finché necessario.
Tale energia psichica, unitamente ad altre caratteristiche che ora vedremo, sembrano contraddistinguere le esperienze di Flow; e sembra che l’età, la classe sociale, l’identità di genere non costituiscano delle variabili significative. Infatti, per quanto possa cambiare il modo con cui ogni individuo tende verso l’esperienza ottimale, di fatto la fenomenologia dell’esperienza stessa – il Flow – non varia.
Questo è caratterizzato da:
- Innescarsi più facilmente se si svolge un’attività impegnativa che richiede particolari abilità. Questo non implica per forza che l’attività debba essere competitiva. Anche leggere è un’attività impegnativa che richiede alcune importanti abilità. Il punto è che il Flow è favorito quando è richiesto investimento di energia psichica, in una condizione per cui vi è una giusta proporzione fra l’impegno richiesto e le abilità possedute.
- Fusione fra azione e consapevolezza. L’attenzione è completamente assorbita dall’attività che si sta svolgendo. La persona è talmente coinvolta in quello che sta facendo che l’azione diventa spontanea, quasi automatica, senza senso di separazione dall’azione stessa. Non c’è il movimento di riflessione e dubbio a cui si è abituati nelle condizioni di vita ordinarie e l’azione avviene da sé, come “per magia”, ma senza perdita di consapevolezza.
- Obiettivi chiari e feedback immediati. Avere chiaro in mente cosa si sta facendo e qual è il suo scopo e poter verificare immediatamente e in modo chiaro il processo, crea le condizioni migliori per accedere al Flow. Un esempio è quello del giocatore di tennis che ad ogni passaggio sa cosa deve fare e può subito verificare se il suo tiro è andato a buon fine. O l’artista che, pur avendo in mente di completare un’opera d’arte, può ad ogni pennellata ricevere un feedback immediato di ciò che sta facendo e di come sta procedendo.
- Concentrazione totale sul compito. La concentrazione intensa su ciò che si sta svolgendo non permette l’interferenza di ansie e preoccupazioni e l’oggetto o l’azione d’interesse occupano l’intero spazio della coscienza, portando il soggetto in uno stato mentale assai differente da quello ordinario.
- Il paradosso del controllo. Nella vita quotidiana, nel lavoro e nelle situazioni affettive, ci si può sentire facilmente in una condizione caratterizzata dalla percezione di non controllare la situazione o dalla paura di non riuscire a gestirla. Nello stato di Flow, al contrario, si ha un grande senso del controllo, accompagnato da uno stato di calma e benessere. Questo accade anche quando si sta svolgendo un’attività rischiosa (come alcuni sport estremi). In questo caso spesso si ha alle spalle un certo addestramento che permette di avere una percezione più obiettiva del reale pericolo.
- Perdita dell’autoconsapevolezza, intesa come non preoccupazione per il proprio ego e senso di fusione con l’ambiente o le persone con cui si svolge l’attività. Non vi è in realtà una perdita di consapevolezza di cosa accade nel proprio corpo e nella propria mente. Anzi, spesso è vero il contrario: la percezione di ciò che accade è più lucida del consueto.
- Distorsione del senso del tempo. Il senso del tempo ordinario si trasforma, non è più quello della quotidianità scandita da orologi e scadenze. Spesso l’esperienza è che non ci si rende conto dello stesso scorrere del tempo.
- Esperienza autotelica. Questo è l’elemento chiave dell’Esperienza Ottimale: l’azione fornisce un piacere intrinseco, fine a se stesso. Lo scopo è la stessa attività. Questa caratteristica rappresenta l’elemento essenziale dell’Esperienza Ottimale: compiere l’azione, qualunque essa sia, è auto-motivante, è auto-gratificante, fornisce un piacere intrinseco, fine a sé stesso. Si desidera compiere quella specifica attività per il piacere stesso dato dallo svolgerla, senza ulteriori finalità.[1]
Oltre queste condizioni principali, gli studi di Csikszentmihalyi rendono evidente che, aldilà della specifica tipologia, le attività in cui si sperimenta il Flow hanno in comune un senso di scoperta e un sentimento creativo che trasporta la persona in una realtà nuova, vi è una crescita del Sé ed è in questa crescita che risiede la chiave dell’Esperienza Ottimale.
Questo perché le due principali caratteristiche di un’esperienza sono la sfida che questa rappresenta e le abilità possedute da chi la deve affrontare.
Se il soggetto dell’esperienza si trova davanti ad una sfida troppo alta rispetto alle sue abilità sale lo stato di ansietà mentre, nel caso contrario, se le abilità sono troppo alte rispetto al senso di sfida, subentra la noia.
Lo stato di Flow si situa in un “canale” che attraversa queste polarità centralmente, ponendosi in un punto di equilibrio che determina maggiori possibilità di crescere ed imparare in modo efficace ed armonico.
(Tratto da “Mente attenta, Cuore aperto” di Andrea Grosso, Edizioni ITI)