L’innocenza della pratica: un suggerimento per la Meditazione, diverso da una spiegazione intellettuale. I shin den shin.
IL CUORE DELLE PAROLE
Della pratica, in questo caso intesa come esperienza di meditazione, abbiamo parlato tante volte. Esiste ancora qualcosa da dire? Da sempre è risaputo che l’insegnamento vero è trasmissione, che può avvenire solo da cuore a cuore, da mente a mente, da energia ad energia. Esso non è materia morta, perché prende vita dalla vita stessa di chi trasmette.
Tuttavia, la parola può trasmettere sensazioni che sono in grado di attraversare la barriera dell’intelletto, come funzione rigidamente razionale. La poesia ne è un esempio: in essa le parole servono per tratteggiare emozioni e sono usate dallo scrittore come il pittore usa colori e pennelli. Anche un quadro astratto, che non rappresenti nulla di comprensibile, può trasmettere emozioni forti e persino idee e ricordi.
Qui, parlando di pratica, usiamo un termine inusuale: Innocenza. È inutile analizzare l’etimologia della parola attraverso un vocabolario. È un simbolo che produce un suono, una vibrazione che va al di là della mente discorsiva e concettuale.
Nulla di sapiente, di dotto o di intellettualmente rilevante, ma solo il disegno di una parola che risuona in chi la usa e che forse, come un diapason, potrebbe mettere in risonanza anche il cuore di chi legge.
LO SPAZIO VUOTO
Quando ci sediamo a praticare, pensiamo a questa parola: Innocenza.
Il vuoto è la natura essenziale di ciò che percepiamo. Innocenza è l’illuminazione di questo grande vuoto. La meditazione non è diretta alla nostra personalità. Sarebbe come donare tutte le ricchezze che possediamo alla nostra immagine riflessa nello specchio. La personalità è solo lo strumento che qui, in questa vita, usiamo per portare a compimento il motivo della nostra incarnazione. Dobbiamo plasmarla per renderla uno strumento il più possibile efficace e non dannoso.
Nella Meditazione, però, la partecipazione degli “io” che costituiscono la nostra personalità, deve farsi sempre più diafana.
Innocenza è dissoluzione di ciò che non è, dissoluzione del riflesso nello specchio.
Noi percepiamo: odoriamo, tocchiamo, udiamo, assaggiamo, succhiamo, vediamo. Ci nutriamo del mondo. Lo assimiliamo. Il distacco da questo nutrimento, insegnato in alcune vie, è pura illusione.
Noi dobbiamo nutrirci e il desiderio è quella fame che ci spinge a farlo.
Quando pratichiamo, non cessiamo di nutrirci, ma dobbiamo assimilare un cibo diverso da quello di cui si nutre la nostra personalità. Dobbiamo renderci consapevoli dell’osmosi con l’intero universo.
La meditazione non è ricerca di distacco, né ricerca di esperienza. Non esiste alcun traguardo da raggiungere, ma nemmeno il rifiuto di ciò che può attraversarci.
Quando la nostra volontà è attiva e mirata verso una meta, non esiste stato meditativo.
Volere qualcosa o fuggire da qualcosa, equivale ad allontanarsi dalla pratica pura.
LA MAGIA DELLA MEDITAZIONE
La meditazione deve manifestarsi, come una magia. La tecnica è altro. Non si può pretendere che un uomo o una donna si innamorino di noi; possiamo solo desiderarlo. Se però il desiderio si trasforma in una fissazione dell’ego, perdiamo il senso della realtà e generiamo un conflitto interno. Per la meditazione è uguale. Desideriamo percepire qualcosa di più elevato e assaporare uno stato di beatitudine, ma dobbiamo farlo con Innocenza. Senza pressione, senza conflitto, senza ego.
La meditazione è assenza di un io attivo nella volontà di ottenere. Il nutrimento è osmosi con tutto ciò in cui siamo immersi. Non scegliamo, non allunghiamo la mano, non pretendiamo. Rinunciamo a tutto, ma proprio a tutto, soprattutto all’idea che abbiamo di noi stessi. Lo facciamo, lasciando anche all’idea di rinunciarvi e al tentativo di rinunciare di rinunciare. Per questo uso il termine di Innocenza. Una tela vuota, non ancora dipinta.
È una progressiva – o immediata – risoluzione del vuoto. Tutto è vuoto e impermanente. Ogni cosa è reale per il tempo che si manifesta; ma, l’istante stesso della percezione la vede già fuggire e dissolversi.
È la nostra mente che costruisce l’immagine di ciò che abbiamo solo sfiorato.
Per questo, possiamo vivere e lasciare che la mano sfiori l’acqua del torrente, senza cercare di trattenerla. Solo così, naturalmente, potremo entrare in contatto con quell’assenza di tempo che siamo abituati a chiamare presente.
Meditazione è quell’assenza di tempo. Non tempo, non spazio, senza attributi specifici, priva di limiti e senza la restrizione di una volontà. Innocenza.