Nella vita più volte siamo invitati ad essere forti, a far fronte ai problemi, a combattere per superare le difficoltà quotidiane; siamo esortati ad ESSERE al massimo, ad AVERE il massimo, perché, come dice uno slogan pubblicitario: “Noi… valiamo!”.
Ma questa scalata e il mantenimento di questo target costa grande fatica e ci porta a vivere un attrito continuo per sostenere una serie di combattimenti, dove solo ogni tanto si vince e il più delle volte si perde o, come qualcuno saggiamente suggerisce: “a volte si vince e a volte si impara”.
Il viver quotidiano è costituito da grandi battaglie per raggiungere obiettivi a lungo termine, ma anche da piccole battaglie per cercare di stare a dieta, per fare del salutare esercizio fisico, per smettere di fumare, per essere puntuali, per non essere pigri, per non cadere in eccessi d’ira, per essere gentili e comunicativi. Tutte queste battaglie “a breve termine” sono molto frequenti ed è facilissimo perdere: mangiamo la brioche che non avremmo voluto mangiare, usiamo l’ascensore ma avremmo voluto salire le scale, fumiamo ancora una sigaretta anche se abbiamo raggiunto il tetto massimo giornaliero che ci eravamo prestabiliti, restiamo ancora cinque minuti a letto al mattino e arriviamo tardi in ufficio, dobbiamo rispettare delle scadenze ma preferiamo rimandare al giorno dopo, insultiamo qualcuno e poi ci pentiamo amaramente perché volevamo essere gentili e comprensivi, ignoriamo il nostro vicino, qualsiasi vicino, quando ci eravamo ripromessi di augurargli almeno “una buona giornata”.
Queste sconfitte costellano le nostre giornate, ci fanno sentire inadeguati e anche un po’ frustrati, perché non riusciamo a realizzare i nostri obiettivi, piccoli o grandi che siano.
Per cambiare le cose, per essere come vorremmo, dobbiamo partire dall’ accettare come siamo e la vita che viviamo, e da quel momento, dare il via ad un processo di cambiamento. Perché se vogliamo, se siamo sufficientemente motivati, possiamo davvero cambiare le parti di noi stessi che non ci piacciono e che non ci rappresentano.
Il concetto di accettazione non è rinunciatario, né esprime debolezza. Accettare ciò che siamo significa fare pace con noi stessi, guardare alla nostra parte meccanica che ripete gli stessi errori, o alla nostra parte adolescenziale che non vuole assumersi la responsabilità di un comportamento maturo. Dobbiamo osservare i nostri limiti e i nostri errori, come un padre e una madre amorevolmente guardano il figlio in crescita.
Accettare ciò che siamo ci consente di non disperdere la nostra energia nell’inutile giudizio e ci pone in una condizione stabile per osservare e analizzare le dinamiche alla base dei nostri comportamenti.
L’accettazione della nostra vita, degli aspetti positivi e negativi, crea un terreno fertile, dove attecchiscono i semi della ricerca interiore che, per crescere, necessitano di serenità e voglia di sperimentare, non di rabbia e di insoddisfazione.
Se siamo perennemente inquieti e pieni di giudizi, se tolleriamo a stento alcuni aspetti della nostra personalità, consumiamo inutilmente una marea di energia, nuotando perennemente nelle emozioni negative.
Può essere difficile mantenere un equilibrio tra come vorremmo essere e l’osservazione di come siamo, ma è fondamentale. E’ importante accettare la propria umanità, avvolta da personalità condizionate, da credenze e da molta ignoranza, da cui nascono comportamenti spesso incoerenti e stridenti con la nostra volontà.
Nella calma dell’accettazione e del non giudizio realizziamo di essere nella caverna di Platone, sulle pareti della quale cogliamo anche i riflessi dell’illusione, di una realtà distorta della vita e di noi stessi.
E… iniziamo a svegliarci.
Realizziamo allora che molte delle nostre sofferenze nascono da bisogni falsi o artefatti, che molte delle nostre certezze sono posticce e non hanno alcuna validità reale; e realizziamo che i grandi esperti, che ce le hanno propinate come dogmi e verità indiscusse, che ci hanno fatto sentire piccoli e ignoranti, sono i primi a non conoscere nulla della vita e delle sue leggi.
Proprio i grandi dotti, che si arrogano il diritto di insegnarci come vivere, che elencano i valori in cui dobbiamo credere e davanti ai quali dobbiamo inchinarci, sono esattamente come tutti gli altri esseri umani, privi di reale conoscenza di cosa siano la vita e la morte.
Accettare di essere ignoranti e di essere stati accuratamente mantenuti nell’ignoranza, permette di avvicinarci alla Verità, perché è talmente vasto e misterioso il mondo in cui viviamo, che la certezza dell’incertezza è un ottimo punto di partenza.
E’ liberatorio non dover dimostrare di sapere. Conosco molte persone che soffrono per non aver potuto studiare e si sentono ignoranti rispetto ad altri che hanno conseguito diplomi o lauree.
Ma chiunque può essere un luminare in un settore e totalmente impreparato in migliaia di altri.
Ho visto persone “super” in ambiti artistici, scientifici o filosofici, andare a pezzi nei momenti di crisi per problemi di salute, familiari o economici.
Sapere di non sapere è un ottimo punto di partenza.
Accettare di sapere poco o nulla di se stessi, è l’unico modo per iniziare una Ricerca Interiore che ci sveli cosa è un essere umano, quale potrebbe essere la sua origine e… il senso della Vita.
Sono grata per le perle di saggezza che donate.
Grazie Ernesta, davvero molto gentile.