A chiunque abbia intrapreso un percorso interiore, mosso dal desiderio di trovare verità più profonde riguardo la natura di sé stessi e della realtà circostante, non sarà sfuggita l‘incapacità di qualsiasi forma di comunicazione nel rivelare direttamente ciò per cui si sia iniziato questo viaggio. La sostanza di cui tutta la realtà è intrisa non può essere illuminata e rivelata da fonti esterne, deve essere intuita per esperienza diretta. Nessuna azione o movimento riuscirà mai nella mission impossible di avvicinarsi a tale essenza, come se stessimo trattando un comune oggetto esteriore.
Se fosse vero, come dicono i grandi saggi, che la realtà è non-duale, ossia che non esistano distinzioni oggettive al suo interno, si capisce bene in che dilemma si trovi chiunque abbia il desiderio di comunicare questi principi. Dove puntare? In che direzione? È come se Tom Cruise volesse puntare in direzione dei pixels di cui lui stesso è composto. Mission impossible, per l’appunto.
Tuttavia in nostro soccorso esiste la possibilità di creare storie o metafore per puntare nella direzione di ciò che non può essere puntato. Essendo un amante dell’oceano, cercherò di dare all’acqua, elemento già versatile di suo, un altro potere: quello di suscitare nelle mente dei lettori immagini in grado di contestualizzare in maniera più efficace ciò che il percorso interiore può rivelare su noi stessi e su ciò che ci circonda.
Immagina l’intera realtà a te conosciuta essere un’infinita e immobile distesa d’acqua, senza inizio né fine, capace di estendersi in tutte le direzioni possibili, senza colore, forma, odore, sapore e consistenza specifica. Cerca di non attribuirle una qualità particolare, come l’essere azzurra, poiché ciò la limiterebbe immediatamente. Prova a pensare a un oggetto infinito in tutte le sue caratteristiche. Non facile, lo so. L’acqua, in questo stato primordiale, rappresentava l’unico punto di vista esistente, nessun’altra prospettiva alternativa all’orizzonte. Non possedeva né amici né nemici, né parenti né genitori, nessuno con cui condividere il suo essere infinito. Tutta sola a sguazzare nel suo stesso essere.
Aveva però un desiderio. È vero, era infinita, beata, senza preoccupazioni ma non poteva certo fare granché, poteva “semplicemente” essere. Ed è cosi che, curiosa del suo infinito potenziale creativo, decise di intraprendere un viaggio evolutivo per diventare consapevole di sé stessa da infiniti punti di vista, tutti relativi ma tutti facenti parte di sé, per illudersi di essere in molti all’interno di un uno. Era stanca di essere sola, desiderava creare, partecipare, condividere con “qualcuno” questa sua infinità.
Ed è cosi che il viaggio ebbe inizio.
Iniziò a muoversi, come un brivido che scorre lungo la superficie, formando piccoli cerchi concentrici, sempre più grandi. Percepì nel suo essere un cambiamento ma capì che non era sufficiente. Senza esitazione, tornò subito al lavoro, assumendo forme sempre più complesse che, seppure ancora inconsapevoli, potevano sentire che qualcosa stava accadendo. Un graduale processo di differenziazione rese possibile la creazione di forme sempre più evolute, forme in forte connessione con chi gli aveva donato la vita e che allo stesso tempo acquisivano sempre più controllo sui loro movimenti, come se fossero entità separate.
Esseri dentro un unico Essere, tutti connessi, veri e propri vortici danzanti nell’acqua. Ogni vortice era facilmente individuabile, come un qualcosa di diverso dal resto: ognuno con la propria forma, velocità di rotazione, diametro, profondità, con una posizione definita nello spazio e bordi chiaramente identificabili, definiti e misurabili. Ogni vortice, preso separatamente, sembrava avere una propria esistenza, sembrava essere separato da tutti gli altri. Dal proprio punto di vista personale ogni vortice, se avesse potuto parlare, avrebbe potuto raccontare in dettaglio il momento della sua nascita, le sue performance di rotazione acrobatiche, dove avesse viaggiato, chi avesse incontrato, con chi si fosse unito.
L’acqua era sulla direzione giusta.
Ma un ulteriore passo era necessario per apprezzare appieno questo processo di creazione da un punto di vista “esterno”, un nuovo passo evolutivo era richiesto per assumere una forma in grado di interagire e giocare con sé stessa illudendosi di essere un’entità totalmente separata. Essa sapeva che il costo da pagare per tale ambizioso piano poteva essere alto: modellandosi in qualcosa di completamente consapevole del suo essere “individuo”, l’acqua avrebbe potuto incorrere nel rischio di perdere la connessione con sé stessa, fallendo nel suo scopo di riconoscersi in ogni aspetto della sua stessa creazione.
Tuttavia, essa capì che l’unico modo per compiere il suo piano era rischiare. Senza questo apparente passo di separazione, non sarebbe stato possibile apprezzare questo processo di creazione da una certa prospettiva e riconoscerne la sua bellezza. In nome dell’amore creativo, continuò ad assumere forme sempre più complesse in grado di essere consapevoli di sé stesse e della loro vera sorgente. Una forma perfetta avrebbe dovuto essere creata, maestosa nel suo essere, con il potenziale d’erigersi su sé stessa, partecipare e perdersi nel mondo e allo stesso tempo contenere dentro di sé la consapevolezza di essere solo acqua, l’unico Essere realmente esistente. Una forma, infinitamente grata per essere stata scelta per compiere il grande piano.
L’acqua accelerò il suo processo evolutivo e con grande maestria assunse la forma di ciò che avrebbe realizzato il suo scopo: una maestosa onda in grado di viaggiare per lungo e per largo in quest’infinita distesa d’acqua, ognuna con una propria forma, dimensione, potenza, personalità, in grado di interagire con i suoi simili e di partecipare attivamente a questa grande danza creativa in atto. Una forma consapevole, contenente infinita saggezza, capace dalla sua nascita alla sua morte di guardarsi dentro e riconoscere il solo Essere in esistenza, l’acqua. L’acqua, dallo stato semplice di essere, poteva ora agire, muoversi, illudersi di essere qualcuno con una propria identità e con determinate qualità fisiche, poteva ora creare e riconoscerne ed ammirarne la bellezza in maniera consapevole.
Un miracolo era appena stato compiuto: la creazione di limiti e confini immaginari in grado di creare qualcosa dal niente, il finito dall’infinito, con la speranza di non dimenticare la sua vera ed unica natura.
Questa metafora punta a descrivere un percorso evolutivo realmente in atto, un percorso che la scienza sta studiando da anni e che la manterrà occupata per sempre se il suo fine ultimo rappresenta la scoperta di una particella fondamentale che abbia dato origine alla vita. Un progetto talmente misterioso e divino a cui la mente può solo arrendersi e rimanere silenziosa innanzi ad esso. Quelle onde siamo noi, gli essere umani, scelti come manifestazione “fisica” di una Consapevolezza che permea tutto, nulla escluso e di cui nulla può essere detto. Siamo stati scelti come veicoli perfetti attraverso cui compiere il grande progetto iniziale: diventare consapevoli di essere l’Essere, la Consapevolezza stessa.
Molti di noi nascono e muoiono credendo di essere solo un’onda, un punto di vista limitato e separato dal mondo esterno che ci circonda, senza mai riuscire a realizzare che tutto quanto è fatto d’acqua, che tutto quanto ci appartiene. Abbiamo congelato la realtà, vedendo ghiaccio dove ghiaccio non c’è, creando limitazioni e confini che ci portano a soffrire tanto più quanto cristallizzato il mondo ci appare essere.
Viviamo in un momento storico ed evolutivo fondamentale per il futuro dell’uomo che sarà, per la scienza che verrà, per le religioni che verranno. Noi, uomini moderni, rappresentiamo quel rischio di cui l’acqua era ben consapevole potersi verificare: diventare consapevoli di noi stessi come individui rinnegando però l’esistenza dell’unica sostanza esistente, la Consapevolezza, l’Essere. Rappresentiamo però anche l’anello di congiunzione tra l’uomo primitivo, più in contatto con l’aspetto divino della realtà ma non ancora totalmente consapevole di sé stesso come individuo e l’uomo futuro in cui consapevolezza individuale e universale si fonderanno completamente.
Anni fa, quando il tempo non esisteva ancora, qualcosa di misterioso ha intrapreso un viaggio evolutivo. Prima o poi, l’acqua compierà un ulteriore passo che la porterà ad assumere la forma di un essere perfettamente consapevole di sé stesso come individuo e come totalità, in grado di partecipare in maniera consapevole a questo atto creativo. Non attraverso un credo né tantomeno attraverso equazioni matematiche o teorie basate sull’osservazione esterna della realtà. Il prossimo passo evolutivo è già ora in atto e consiste nella presa di consapevolezza di non essere mai stati un’onda ma solo acqua.
Non c’è fretta, l’acqua può aspettare secoli se necessario. Non ha nessun altro posto dove andare e nient’altro da fare. Rappresenta tutto e tutti. Sta ad ogni onda decidere oggi da che parte stare: dalla parte dell’ignoranza e quindi della sofferenza o nell’essere consapevoli di questo progetto divino, intuendo nella vita di ogni giorno il magnifico viaggio evolutivo a cui siamo stati invitati a partecipare.
L’acqua ne uscirà comunque vittoriosa.