Una riflessione sul rapporto con un Maestro a partire dalle proprie dinamiche personali. Certamente un’esperienza non valida per tutti ma che forse può essere utile a qualcuno.
I PRIMI TEMPI DELLA RICERCA
Poco prima dei 30 anni, ho iniziato a sentire dentro di me un senso di mancanza di qualcosa, di una parte che non riuscivo a capire e che mi portava frustrazione. Sulla carta avevo tutto: casa, lavoro, famiglia, ma un senso di vuoto interiore mi ha sempre spinto a cercare qualcosa che potesse colmare questo buco nero. Era poco prima degli anni duemila e la New Age a quei tempi spopolava, ho quindi intrapreso vari studi e frequentato diverse scuole di natura “spirituale”. Mi insegnavano a rilassarmi, a visualizzare, a meditare, ma nessuna di queste vie mi ha portato a concretizzare qualcosa che potesse essermi veramente utile.
Nel 2017, stavo attraversando un periodo della vita decisamente complesso. Il lavoro dei miei sogni non andava bene e non riuscivo più a sostenere economicamente la mia famiglia, ed ecco allora riaffiorare le solite domande “perché siamo qui?”, “qual è il senso della vita?”, “cosa devo imparare da tutte queste difficoltà?”. Così, su suggerimento di mia madre, iniziai a frequentare i Seminari del Metodo Sphera.
Devo confessare che inizialmente ero veramente poco convinta dell’utilità dell’ennesima scuola di filosofia interiore.
Invece, un grazie a mia madre, perché qui ho trovato veramente la Differenza. Non mi era richiesto di rilassarmi, immaginare pianure verdeggianti o cose del genere (tecniche che possono essere veramente utili per stare meglio, ma certamente la loro utilità è circoscritta al momento in cui le si applica e sono poco efficaci nella quotidianità). Qui invece mi si parlava di consapevolezza, di risveglio interiore, di saper portare all’esterno quello che veniva compreso all’interno. In questo metodo la pratica ingloba la quotidianità e non è un’astrazione. È un percorso concreto guidato dalla volontà interiore di comprendere i meccanismi di mente ed emozioni e applicarli nella vita.
Avevo finalmente trovato una Via e dei Maestri che potessero insegnarmi a precorrerla. Questo tipo di percorso è stato quello che mi ha aiutata, l’anno seguente, ad affrontare un altro momento della vita (ancora più doloroso del primo), senza cadere, senza farmi prendere dalla disperazione o dal disfattismo, come invece avrei fatto precedentemente.
LO SCOGLIO
Poi, ho incontrato uno scoglio, non dovuto al metodo o ai Maestri, ma dal modo in cui nella vita ho costruito la mia personalità. Lo definirei come la tendenza a non sapere bene come rapportarmi alle persone, soprattutto coloro che ritengo più autorevoli di me. Questa tendenza si è riprodotta anche con chi mi guidava in questa nuova esperienza, sebbene nulla in loro lo giustificasse. Come rapportarmi a chi consideravo un Maestro? Per me è stata una domanda seria e importante.
Il vecchio schema che ci insegnano fin da bambini ci fa sentire piccoli e a volte inferiori a qualsiasi autorità. Questo mi ha portata a sentirmi più di una volta inadeguata nella nuova esperienza, in quanto riconoscevo in loro (le mie guide) qualcosa di irraggiungibile. Mi è capitato spesso quindi, nel corso di questi anni, di domandarmi come dovrebbe essere il rapporto con colui o colei che consideriamo il nostro Maestro e mi sono accorta che ero solita dirmi (anche se non ne ero cosciente) che non era possibile avere con loro un rapporto paritario. Per questo motivo, tendevo a mantenermi in disparte.
Continuavo quindi a sabotarmi da sola, senza nemmeno rendermene conto. Solo qualche volta, in meditazione, affiorava il grande disagio interno e la realtà si presentava più chiaramente ai miei occhi. Una realtà che mi suggeriva come illusorio ciò che avevo acquisito fin da piccola.
Percorrendo una via interiore, si diventa sempre più consapevoli della realtà che ci circonda, cominciamo a leggere diversamente noi stessi e gli altri, iniziamo ad essere coscienti delle prigioni che ci siamo creati, dei pesi di cui ci siamo fatti carico, a volte pensando di meritarceli, delle maschere che abbiamo indossato (e che a volte ancora indossiamo) e di quelle che indossano gli altri. Iniziamo a vedere tutte queste cose, noi stessi e le persone, per quello che sono veramente, con le loro paure, sofferenze ed insicurezze.
IL SUPERAMENTO
Ecco, allora, che mi è apparso lampante quanto mi nascondessi, nel corso del tempo, da chi ritenevo la mia Guida, quasi con la speranza di non essere notata; ed ecco perché, partendo da questa debolezza, non era certamente possibile creare nessun tipo di rapporto con un maestro.
Quando si diventa coscienti di questo però, è come fare improvvisamente un balzo in avanti. Nasce allora una vera comprensione e il rapporto non lo si percepisce più con la distanza che la mente produce creando una scala di valori. Certo, se chi incontriamo è veramente una persona illuminata, uomo o donna, la differenza continua ad esistere e la percepiamo, ma si realizza che non ha importanza il punto in cui l’allievo si trova; ha importanza solo il desiderio di voler vibrare della stessa qualità di chi percepiamo come un esempio di interiorità profonda, senza perdere le proprie caratteristiche. È come un anelito, una traenza che prende tutto l’essere.
Ecco, la consapevolezza di poter avere un legame vero con chi sentiamo essere il nostro Maestro, inizia dal non provare più timore di mostrarsi per quello che si è (e che sicuramente lui/lei aveva già abbondantemente visto). Inizia dal desiderio di mostrarsi senza veli, senza barriere e maschere, riconoscendo il diritto di essere quello che siamo, perché, al momento, non possiamo che essere così.
E se anche la ricerca della vera me stessa non è certamente ancora conclusa, guardarmi e vedermi è il primo passo per accettarmi e scoprire che ero già stata accettata fin dal principio, potendo creare così un vero rapporto, uno di quelli destinati, spero, ad andare oltre l’illusione.