Costantemente ogni essere umano vive esperienze che gli suscitano diverse emozioni, le quali generano differenti pensieri e interpretazioni di ciò che vive.
Quasi mai sperimenta l’esperienza così com’è, senza filtri della mente dati dal suo vissuto, che influenza costantemente la percezione e l’interpretazione della realtà.
All’essere umano non è stato insegnato a guardare le cose sospendendo il pensiero. Si elogia tanto il pensiero critico, ma si ignora che non si è capaci di cogliere la realtà. Se non si sospende il pensiero automatico non si può vedere la realtà, perché in questo modo si continua a vedere sempre le cose a partire dagli schemi meccanici della propria mente e del proprio vissuto e si cessa di guardarle davvero, archiviandole come parte del conosciuto. Basti pensare a come ognuno reagisce alle situazioni di ogni giorno, o come non osserva veramente esseri viventi e oggetti.
Il problema fondamentale di ogni essere umano è questo: è letteralmente imprigionato nel recinto della sua mente e del suo vissuto personale, come un pesce in un acquario; non gli è stato insegnato a uscirne anche solo per un attimo per vedere cosa c’è !
L’essere-umano non è capace di utilizzare la propria mente come strumento, ma al contrario è in balia di essa, perché ignora completamente la propria essenza. Se così non fosse, si servirebbe dei suoi strumenti umani, la mente e le emozioni, ma non essendo autocosciente scambia la sua essenza con la mente e con il vissuto che ha formato la sua personalità e crede di conoscere già sé stesso, mentre invece è in balia dei suoi strumenti che non può governare senza divenire – prima – padrone di sé.
Se guardi un albero, il cielo, le case di una strada, qualunque cosa, con la mente vuota, accade qualcosa di particolare.
Incominci a vedere sempre più dettagli, a percepire qualità proprie a ciò che stai osservando, senti il respiro che scorre e percepisci un silenzio che avvolge tutto. Anche in presenza di tanti suoni e rumori, la consapevolezza si espande e inizi a percepire dei livelli diversi di realtà, scoprendo che essa ha infiniti livelli possibili di percezione.
Ma, non è così facile. Le tecniche e le pratiche fisiche dello yoga e il pranayama servono, anche ma non solo, a rendere il sistema psico-fisico-energetico umano sempre più raffinato e quindi in grado di percepire livelli di realtà sempre più sottili.
La meditazione è qualcosa di diverso.
Per semplificare, per me è qualcosa che nasce dal desiderio di entrare in contatto con qualcosa di elevato, ma avviene quando non c’è più alcun desiderio o aspettativa di entrarvi in contatto.
La meditazione inizia svuotandosi completamente da ogni pensiero ed emozione, è un lasciare spazio a qualcosa di nuovo, che sta oltre la mente e oltre il vissuto personale, che è tutto ciò che conosciamo di noi ma che non è ciò che noi siamo veramente nel profondo.
Ci si siede in una posizione comoda e immobili, si osservano passare i pensieri come se fossero onde, rimanendo ancorati al respiro. Facendolo ogni giorno, sempre più si comincia a percepire uno spazio tra un pensiero e l’altro e questo spazio con il passare del tempo diventa sempre più grande. Ma va cercato e ricercato. All’interno di questo spazio, assolutamente incontaminato, piano piano si scopre la propria vera natura e non c’è fine a questa scoperta.
Quando si diventa consapevoli del proprio centro interiore, da quel momento in poi tutto sarà guardato da quel punto di vista. Questo spazio sarà sempre presente, quando parleremo, quando ascolteremo, quando penseremo, quando proveremo un’emozione, mentre lavoreremo, e sarà presente come osservatore silenzioso, testimone di tutto ciò che accade. Certo, capiterà spesso di perdersi, di dimenticarsi di sé stessi, ma continuando a praticare, riusciremo velocemente a ritrovarci in ogni situazione, anche nelle più difficili della vita.
Il 90% delle emozioni negative che sperimentiamo nasce da una visione illusoria della realtà. Una delle emozioni più dolorose che ho provato nella mia vita è quella del sentirmi esclusa, ma anche non compresa e fraintesa.
Questo genere di emozioni sono collegate alla stima di sé; infatti nella mente di chi le prova si forma la convinzione che “se sono escluso o non compreso significa che gli altri non accettano o non vedono quello che sono, quindi non mi amano, quindi non ho niente di speciale”, oppure si genera la convinzione che “gli altri sono spregevoli perché non mi comprendono e non mi cercano”.
In questo modo si sviluppa una personalità che si ritiene superiore agli altri oppure una personalità che si ritiene inferiore. In entrambi i casi si tratta solo di produzioni illusorie della mente che possono innescare anche gelosie e rancori, paura degli altri e delle relazioni, e può risultare molto difficile smascherarle.
Quando si provano queste emozioni, anziché soffrirne e piangersi addosso, bisognerebbe interromperle chiedendosi: perché gli altri si mantengono lontani da noi. È vero o è solo una nostra idea o una nostra paura? Se è vero, quale nostro atteggiamento ne è la causa? Forse noi, per primi, non siamo veramente interessati agli altri. Se gli altri non ci amano forse è perché noi non siamo capaci di amare gli altri e siamo troppo concentrati su noi stessi.
Perché ci aspettiamo sempre qualcosa dagli altri, senza prima essere noi a fare agli altri qualcosa che riteniamo bello?
Chi si sente incompreso è proprio sicuro di riuscire ad ascoltare gli altri e a comprendere il loro vissuto, quello che intendono quando utilizzano certe parole che anche noi usiamo, ma con un diverso significato?
Senza essere consapevoli di quel centro interiore che ho descritto prima, non è possibile interrompere le emozioni che nascono da una visione illusoria della realtà e indagare da dove nascono, perché si è totalmente identificati nella propria personalità, costruitasi in questa vita in base alle esperienze che abbiamo fatto.
Senza quel centro interiore che osserva con distacco per conoscere la verità e non per trovare giustificazioni e false verità consolatorie, non è possibile uscire dalla meccanicità della propria personalità e cominciare a lavorare per trasformarla e renderla coerente con ciò che si scopre nel profondo di sé stessi, di vero ed elevato.
Conoscere e indagare sempre più i miei limiti, m’insegna a comprendere anche ciò che osservo intorno a me e ad accogliere le difficoltà e le debolezze degli altri, anziché giudicarle, perché so quante ne ho io.
Così, vedo le debolezze altrui, ma nutro un profondo rispetto per chiunque, perché so che quello che appare è solo un aspetto momentaneo della personalità di qualcuno e che sotto la superficie esiste qualcosa di luminoso che al momento è solo oscurato.
La ricerca interiore che ho intrapreso mi avvicina giorno dopo giorno, alla scoperta di ciò che esiste oltre le illusioni e le apparenze. Qualcosa di molto lontano dalla superficie spumosa delle emozioni di basso livello, cui siamo abituati. Qualcosa di rarefatto, che va assaporato in ogni istante e con il quale fondersi. Una scoperta continua oltre i rumori della mente e di questa epoca.