L’insegnamento vero è Trasmissione, che può avvenire solo da cuore a cuore, da mente a mente, da energia ad energia e non attraverso i simboli del linguaggio.
La tecnica, quando la si considera importante, va comunicata in modo diretto; essa non è materia morta, perché prende vita per la vita stessa a cui è diretta. L’insegnamento vero è quindi diretto e non scritto.
Tuttavia la parola può trasmettere sensazioni che, anche solo in minima parte, sono in grado di attraversare la barriera dell’intelletto, inteso come funzione rigidamente razionale. La poesia ne è un esempio: in essa le parole servono per tratteggiare emozioni e sono usate dal poeta come il pittore usa colori e pennelli. Anche un quadro astratto, che non rappresenti nulla di comprensibile, può trasmettere emozioni forti e persino idee per immagini.
Il termine Innocenza esprime un concetto simile. Per me che lo uso, non ha un significato concettuale; non serve analizzare l’etimologia della parola attraverso un vocabolario. È un simbolo che produce un suono. Questa vibrazione va al di là dell’intelletto. Nella misura in cui si usano le parole come suoni dell’interiore e nella misura in cui il lettore riesce a sintonizzarsi sulla vibrazione espressa dai simboli scelti, è possibile stabilire un contatto che va oltre le parole, intese come linguaggio comune.
Ecco lo scopo di questa breve esposizione. Nulla di sapiente, di dotto o di intellettualmente rilevante, ma soltanto il disegno di parole che risuonano e che forse, come un diapason, possono mettere in risonanza il cuore e non la mente di chi le legge.
Quando ci sediamo a praticare dobbiamo ricordare che l’innocenza è l’essenza della Meditazione. Il vuoto è la natura di ciò che percepiamo. Innocenza è l’illuminazione di questo grande vuoto. Alla nostra personalità la meditazione non serve. Sarebbe come donare tutte le ricchezze che possediamo alla nostra immagine riflessa nello specchio.
La partecipazione degli “io” alla pratica, equivale a spalare la sabbia nel deserto.
Innocenza, è dissoluzione di ciò che non è.
Innocenza, è riconoscimento della transitorietà di ciò che percepiamo e rilassato distacco dagli effetti del percepire.
Noi percepiamo: odoriamo, tocchiamo, udiamo, assaggiamo, succhiamo, vediamo. Ci nutriamo del mondo. Lo assimiliamo. Il distacco da questo nutrimento è pura illusione. Noi dobbiamo nutrirci e il desiderio è quella fame che ci spinge a nutrirci. Quando pratichiamo, non cessiamo di farlo. Dobbiamo divenire consapevoli dell’osmosi con l’intero universo.
La meditazione dunque non è ricerca di distacco, né ricerca di esperienza. Non esiste alcun traguardo da raggiungere, ma nemmeno il rifiuto di ciò che può attraversarci.
Quando la nostra volontà è attiva e mirata, non esiste stato meditativo. Volere qualcosa o fuggire da qualcosa, equivale ad allontanarsi dalla pratica pura. La meditazione deve manifestarsi, come una magia. La tecnica è altro.
Non si può pretendere che un uomo o una donna si innamorino di noi; possiamo solo desiderarlo. La meditazione è assenza di un “io” attivo nella volontà di ottenere. Il nutrimento è osmosi con tutto ciò in cui siamo immersi. Non scegliamo, non allunghiamo la mano, non pretendiamo. Rinunciamo a tutto, ma proprio a tutto, soprattutto all’idea che abbiamo di noi stessi. Lo facciamo, rinunciando anche all’idea di rinunciarvi; e al tentativo di rinunciare a rinunciare.
È una progressiva – o immediata – risoluzione nel vuoto. Tutto è vuoto e impermanente. Ogni cosa è reale per il tempo che si manifesta; ma, l’istante stesso della percezione la vede già fuggire e dissolversi. È la nostra mente che costruisce l’immagine di ciò che abbiamo solo sfiorato. Per questo, vivere è lasciare che la mano sfiori l’acqua del torrente, senza cercare di afferrarla. Solo così, naturalmente, potremo entrare in contatto con quell’assenza di tempo che siamo abituati a chiamare presente.
Meditazione è quell’assenza di tempo. Non tempo, non spazio, nessun attributo specifico, senza di limiti e senza la restrizione di una volontà. INNOCENZA